Woolman è un documentario sulla vita quotidiana e le battaglie di Nigel Thompson, un inglese che vive in Italia da quasi quarant’anni e che ha dedicato la sua intera vita alla lana. Nel mondo ci sono solo pochissimi esperti di lana “sucida”. Nigel è uno di loro.
Nigel ha cominciato a conoscere la lana a Bradford in Inghilterra, a diciannove anni. Poi è venuto lavorare in Italia, a Biella, per lavorare nella filiale di H.Dawson, una società di commercio internazionale di lana. Nigel ha, nello stesso periodo, incominciato la sua collaborazione con l’azienda di lavorazione della lana Botto, fino alla sua chiusura all’inizio del XXI secolo.
Quando nel 2003 il suo rapporto con la H. Dawson si è interrotto, Nigel è stato colui che ha aiutato la famiglia Botto con due nuovi progetti sulla lana, uno in Europa e l’altro in Cina dove è andato in loro rappresentanza.
Da quel momento, però, con l’avvento e il sempre più pervasivo utilizzo dei tessuti sintetici la filiera produttiva dei manufatti tessili di Biella è stata colpita in maniera durissima e molte fabbriche hanno dovuto chiudere. Sono sopravvissute solo quelle di altissimo livello.
Negli anni, l’incrollabile convinzione di Nigel ha avuto pesanti conseguenze, sia per Nigel che per la sua famiglia, ma lui è rimasto fedele al suo mestiere, convinto non solo che per la lana ci fosse ancora futuro ma anche che si dovesse fare qualcosa per i piccoli allevatori di pecore da lana che oramai sono in difficoltà ovunque nel mondo.
Mentre gli anni passavano e la famiglia Botto non riusciva a trovare altre idee o partner per rilanciare la fabbrica, Nigel, assieme ad amici ed un ex collega di lavoro, ha fatto un ulteriore coraggioso passo in avanti creando, nel 2008, il Consorzio Biella The Wool Company.
Il consorzio Biella The Wool Company è l’unica entità che offre un’intera filiera tessile a beneficio esclusivo dell’allevatore. Ciò significa creare un rapporto personale e costante con l’allevatore e offrire i servizi di trasformazione della lana per piccole quantità. Questo modo di operare obbliga ad una linea di produzione molto artigianale, legata più alle caratteristiche dell’allevatore che non alle richieste dell’industria della moda.
I rapporti che il consorzio ha con gli allevatori sono fondamentali e personalissimi. Questi rapporti sono, in tanti casi, l’unico elemento che incoraggia Nigel e i suoi partner ad andare avanti.
Al cuore dell’iniziativa di Nigel c’è la ferma convinzione che la lana può essere lavorata solo in Europa. Nigel è arrivato a questa conclusione dal progetto che la famiglia Botto ha portato avanti con lui in Cina per un periodo di tre anni dove ha capito che il gigante tessile globale non ha letteralmente idea di cosa sia lavorare la lana.
Oggi Nigel va a lavoro tutti i giorni nella fabbrica semi abbandonata dei Botto. Sua moglie Lorena, italiana, lavora al suo fianco ricoprendo diversi ruoli. Nigel è ora un lavoratore autonomo e Lorena ha uno stipendio da part-time, sebbene lavori tutto il giorno. Il loro guadagno arriva esclusivamente dalla piccola imposta per la lavorazione che richiedono agli allevatori per trasformare la loro lana in filati. Negli ultimi sei anni Nigel ha guadagnato meno di quanto guadagna un operaio del consorzio e si è visto costretto ad attingere ai suoi risparmi per andare avanti. Nigel ha investito tanti soldi propri nel futuro del Consorzio e in quello che lui chiama “il suo sogno”, ovvero una piccola azienda – The Wool Company – col suo specifico ed unico posto nel mercato che possa aspirare ad un futuro redditizio sia per chi si trova all’inizio che alla fine del ciclo produttivo (l’allevatore e il consorzio).
La gigantesca fabbrica in disuso dei Botto si erge su una collina lungo un fiume le cui acque sono ora limpide e pulite. I Botto non riescono a trovare nessuno che voglia comprarla o affittarla perché l’enorme edificio è in una zona inadatta alle logiche industriali contemporanee.
Per evitare che la struttura vada in rovina permettono a Nigel di utilizzarla senza che gli si paghi un affitto.
Nigel lavora con Lorena in un minuscolo ufficio annidato in un angolo dell’enorme edificio, in uno stridente contrasto con le dimensioni e la capacità della fabbrica quando questa era in funzione. I pochissimi operai che oggi lavorano per il Consorzio lo fanno in un gigantesco capannone dove la loro esigua presenza e il loro lavoro quotidiano sembrano ancora più eroici in un luogo che ospitava un tempo migliaia di operai.
Nonostante gli ostacoli che un’impresa così folle si è trovata davanti, Nigel e i suoi colleghi sono felici di andare al lavoro ogni mattina, sapendo che anche oggi aiuteranno qualcuno, come i pastori di certe montagne dove l’ecosistema è stato messo a dura prova o come i pastori abruzzesi che non si sono ancora completamente ripresi dal terremoto del 2016, motivati e forti del successo ottenuto negli ultimi anni in cui Nigel e il suo consorzio Biella The Wool Company sono riusciti a mettere insieme cinque cicli produttivi interi e continuativi (detti “sheep to shop”) con allevatori di diverse zone in Europa.
Perché il sogno di Nigel possa continuare e ampliarsi c’è bisogno che il lavoro del Consorzio venga conosciuto e apprezzato. C’è bisogno della notorietà internazionale che ha un fornitore “abituale” dell’industria della moda. C’è bisogno, però, di un qualcuno che, come Nigel, metta al primo posto la missione etica e umana di un business, e cambiare per una volta le regole.
Tutti i membri dei consorzio sanno bene che quello che stanno facendo non è lavorare per la moda, ma che è qualcosa di molto più profondo, qualcosa che ha un forte valore sociale. Loro credono che quello che fanno sia “la filiera produttiva ideale nell’industria della lana”. E già sappiamo quanto Nigel e i suoi colleghi siano degli idealisti nati.
Il loro idealismo d’altro canto ha portato un numero – che non hanno rivelato – di piumini da letto imbottiti di lana a Buckingham Palace, evento che è stato preso come un ottimo auspicio da Nigel, “The Woolman”.