A Milano, Don Gino Rigoldi è conosciuto e stimato da tutti, indipendentemente dal ceto sociale d’appartenenza: è un punto di riferimento per la Milano della solidarietà. Il suo volto è noto in televisione, dove interviene spesso per offrire la sua opinione su tematiche sociali, educative, legate a questioni emblematiche della contemporaneità – aveva seguito come educatore il caso di Erica e Omar. Da sempre Don Gino, 79 anni, è il cappellano del carcere Beccaria, Istituto di Detenzione Minorile di Milano, attività che esercita con dedizione, perseguendo un progetto educativo di recupero sociale dei giovani detenuti.
Don Gino si dedica agli ultimi anche nella sua vita privata. Vive in una cascina fuori città con quelli che chiama i “suoi figli”, ragazzi per la maggior parte stranieri che sono finiti in carcere per piccoli reati: furto, spaccio, rapina, e che Don Gino ha con sé sotto la sua tutela. Crede fermamente che queste persone non siano veri “delinquenti”, in realtà che non abbiano mai avuto un vero padre, un punto di riferimento, e che necessitino prima di tutto di affetto. E così si presta ad accoglierli a braccia aperte, offrendo loro una casa dopo l’esperienza del carcere, impegnandosi a procurare loro un lavoro, quando è necessario anche del denaro, e certamente la cosa di cui hanno più bisogno: l’Amore. È da qui che ha inizio il nostro documentario: dall’impegno del carcere a Milano e dalla fatica della lotta per affermare i principi, i diritti e le possibilità di una vita migliore.
Il docufilm “L’estate di Don Gino” racconta l’estate trascorsa da Don Gino con i suoi “figli”, i quali considerano Don Gino il “padre” affettivo e normativo che non hanno mai avuto. Don Gino è consapevole dei loro “bisogni” e li segue come una guida non solo nella quotidianità cittadina. Infatti li porta con sé in vacanza, in Sardegna, ospiti nella casa di un amico. Qui nella splendida cornice dell’isola mediterranea, passano giornate spensierate, al mare e in montagna, a giocare a pallone, a nuotare, a camminare, a chiacchierare; tra uno scherzo, una risata, una discussione animata, conosciamo questi ragazzi – provenienti da tutte le parti del mondo, rappresentanti di una società italiana multietnica profondamente mutata – che ci racconteranno ciò che è stato e quello che sarà della loro vita, facendo emergere il rimorso per la colpa commessa e il desiderio di ricominciare, di riscattarsi, di espiare per poter essere finalmente liberi.
“L’estate di Gino” è un viaggio poetico sui sogni, sui desideri dei suoi giovani protagonisti, incerti per il loro futuro, ma speranzosi nell’avvento di un migliore destino. È una profonda riflessione sul significato di libertà, quella vera, quella spirituale, e sul senso delle categorie di colpa e di espiazione. E soprattutto il docufilm tratta il tema del “prendersi cura” dell’altro, della “relazione” necessaria tra gli esser umani, fondata sull’affetto, ma anche sull’ascolto, sull’individuazione di punti di riferimento, elementi indispensabili per costruire un’umanità più giusta.
A far da scenario, la natura selvaggia: la campagna brulla, i monti rocciosi, lo splendido mare della Sardegna (Pan di zucchero, Cala domestica, Su Gorroppu), che diventa l’indispensabile protagonista, come l’amorevole madre pronta ad accogliere, ad ascoltare, ad accarezzare, a proteggere i suoi figli.